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Dopo appena un decennio dalla nascita del primo nickelodeon (1905, USA), questo luogo, che ha fatto conoscere e diffondere il cinema, è destinato a chiudere per colpa di una rivoluzione nel linguaggio cinematografico, ovvero la durata dei film. Il lungometraggio inizia ad avere un successo di pubblico enorme: gli spettatori preferiscono una narrazione completa di circa un’ora ai numerosi spezzoni di film proposti nelle piccole sale. Parallelamente a questa evoluzione, aumenta la qualità delle pellicole e si approfondiscono le logiche del montaggio. A livello tecnico i film vengono girati su più pellicole (ad esempio per il film “The life of Moses” vennero utilizzati 5 rulli di pellicola) e i gestori delle sale possono decidere se proiettarli tutti insieme o in diverse parti in giorni differenti.
È in questa fase che fa il suo ingresso un grande regista, David Griffith, che riesce, grazie al montaggio e a nuovi modi di fare cinema, a coinvolgere lo spettatore nella storia. In Nascita di una nazione (1915, 3h di film) Griffith crea un sistema narrativo che farà da apripista a tutti i film futuri: attraverso l’utilizzo del primo piano riesce a dare una drammaticità ai volti dei personaggi accentuando l’interpretazione degli attori. In questo modo cresce anche la figura dell’attore che diventa sempre più una professione ammirata e mitizzata dal pubblico. La genialità di Griffith consiste nell’utilizzare nuove tipologie di montaggio e ripresa (già sperimentate da altri registi) per comunicare una storia con una logica mai vista prima. Nei suoi film tutti i frammenti delle varie riprese, in fase di montaggio vengono collegati con determinati criteri; ad esempio se un attore esce dalla scena dalla parte sinistra dello schermo, entra nella scena seguente da quella destra (raccordo di direzione). Oppure viene sfruttato l’utilizzo della soggettiva (la cinepresa che inquadra cosa sta vedendo l’attore) che permette una maggiore immedesimazione del pubblico con il personaggio in azione.
Di grandissima importanza anche l’utilizzo del montaggio alternato che consiste nell’alternare appunto due scene che secondo la trama avvengono contemporaneamente in due luoghi differenti.
Intorno al 1915 la diffusione dei lungometraggi elimina definitivamente la realizzazione dei piccoli film e quindi dei nickleodeon. Una durata maggiore dello spettacolo necessita una diversa struttura della sala: le poltrone devono essere più comode e, per motivi economici, molto numerose. Inizia così la costruzione di veri e propri “templi” dedicati al cinema, che ormai è entrato a far parte della vita di tutti i giorni e merita un posto nel centro delle città. Il due ottobre del 1911 apre a Detroit il Columbia con una capienza di mille posti.
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Altri cinema nascono in quegli anni. A New York vengono aperte cinque sale con capienza tra i mille e i cinquemila posti; nel 1927 inaugura il Roxy (detto anche “La cattedrale del cinema”, 5920 posti a sedere): con un’orchestra di 110 musicisti, aveva uno degli schermi più grandi e di maggiore qualità dell’epoca. Al suo interno c’erano barbiere, farmacia, sala da pranzo, palestra, caffetteria e sala biliardo.
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Photo by newyorktoursbygary
Planimetria del Cinema Roxy – click sull’immagine per allargarla.
Le forme architettoniche di questi cinema erano tra le più svariate (barocche, gotiche, rinascimentali) e si fondevano con stili moderni per esasperarne lusso e stravaganza. Le città erano in trasformazione e i cinema non volevano più essere relegati in zone malfamate e periferiche. Il cinema diventa grande e con esso anche il luogo dedicato alla sua visione.
Con l’arrivo della Prima Guerra Mondiale (1915-1918) il cinema americano ha un vantaggio su quello di tutto il resto d’Europa: stando fuori dai confini della guerra, può continuare a produrre film e, soprattutto, a esportarli. Grazie alle didascalie tradotte, molti film muti vengono esportati in tutto il mondo contribuendo in questo modo a diffondere il cinema americano.
La storia del cinema, come abbiamo visto fino ad ora, ci mostra come questo medium si sia evoluto in base a cambiamenti sociali, strutturali e tecnologici. Il rapporto tra questi fattori è molto complesso. Una guerra può determinare uno stile narrativo, come una sala più grande può far sparire il ruolo del narratore, oppure come il montaggio e nuove tecniche di ripresa possono cambiare irrimediabilmente i gusti dello spettatore. In seguito vedremo come cambierà il cinema a seguito dell’invenzione della televisione e di altri media, come si modificheranno il suo linguaggio e la sua struttura. Nel 1927 avviene però la prima vera rivoluzione: il sonoro. La didascalia, che aveva preso il posto dell’imbonitore, sparisce definitivamente. La popolazione analfabeta può seguire ora la storia senza alcuna spiegazione: nasce così il cinema classico che sarà, fino agli anni ’60, una rielaborazione di tutte le tecniche, le invenzioni stilistiche e gli effetti speciali del passato.
La Warner (una delle prime e più influenti case di produzione) in crisi finanziaria decide di puntare sul suono con il film “The jazz singer” (Alan Crosland, 1927). Il successo è talmente grande che entro due anni tutti gli studios americani si adegueranno alla nuova tecnologia decretando la fine delle didascalie e di una generazione di attori dell’ormai “vecchio” film muto.
Le sale cinematografiche subiscono un duro colpo: con il sonoro devono evolvere e acquistare impianti audio. Questa novità impone cambiamenti anche di tipo strutturali: l’acustica infatti ha bisogno di un’apposita progettazione che richiede molte risorse economiche e nonostante il grande afflusso di pubblico, molte sale saranno costrette a chiudere per l’impossibilità di aggiornarsi. È in questi anni che si raggiunge il massimo numero di visitatori nella storia del cinema. Le famiglie americane si recano nelle sale quasi tre volte a settimana nonostante la grave crisi economica in corso. Il cinema diventa la forma di divertimento con il miglior rapporto qualità-prezzo: la gente vuole evadere dalla vita quotidiana fatta di rinunce e sacrifici e rifugiarsi all’interno delle sale dove può vivere storie fantastiche e immedesimarsi con i propri divi.
La profonda depressione economica degli anni ’30, comporta una crisi sociale e culturale che verrà combattuta anche grazie all’aiuto del cinema. Il Presidente Franklin Delano Roosevelt vara un programma chiamato New Deal per cercare di ricostruire il paese, far ripartire l’economia ma soprattutto rilanciare la fiducia degli americani. Il cinema classico fu portatore di messaggi come la speranza nel futuro, la famiglia, il lavoro, la società, rivolti a tutta la popolazione, dai bambini agli anziani, dai poveri a ricchi. Gli effetti speciali vengono per il momento abbandonati e la narrazione diventa centrale per permettere a chiunque di riconoscersi nelle situazioni proposte.
Roosevelt finanziò le Major di Hollywood per produrre film a scopo sociale e ben presto poche case di produzione ebbero il domino assoluto su tutta la produzione cinematografica mondiale. Le Major acquistarono molte sale, controllando così anche la distribuzione, e si imposero una forma di auto censura in modo da evitare tagli di pellicola (materiale molto costoso) dal Ministero. Alcuni esempi di parti di film che non potevano essere proiettate erano le scene a sfondo sessuale che andavano al di là del classico bacio, oppure la sconfitta della polizia e delle istituzioni o l’esaltazione delle forze del male.
Il montaggio narrativo doveva essere lineare e comprensibile a tutti: nessun salto temporale era previsto nella nuova struttura narrativa. Il film doveva risultare facilmente comprensibile e colpi di scena o equivoci potevano essere introdotti solamente se alla fine del film tutto veniva spiegato. Questo sistema che a prima vista può sembrare statico e noioso, generò un nuovo linguaggio dove lo spettatore era sempre al centro della storia. In questo modo ogni particolare era ben visibile, ogni elemento giustificato e ciò contribuì a restituire la fiducia e le sicurezze che il mondo reale aveva distrutto.
Le storie, sempre a lieto fine, si concludevano spesso con la realizzazione di un messaggio didascalico e “paternalistico”: ad esempio molti film iniziavano con un padre prepotente che nel corso del film, in seguito alla ribellione dei figli o della moglie, diventava più affettuoso e rispettoso. Il lieto fine con messaggio moralista influenzò la società americana aiutandola a superare la crisi economica. Via col Vento (Victor Fleming, 1939), film dove la protagonista risorge e trasforma la propria vita dopo le violenze della guerra, ne è un classico esempio.
Negli stessi anni il cinema di Hollywood stava per subire un’ulteriore trasformazione: con l’inizio del fascismo e poi con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, molti registi e artisti si trasferirono in America portandosi dietro la propria cultura, la poetica e la carica sperimentale delle avanguardie artistiche.
L’aiuto del cinema al New Deal di Roosevelt non si limitò solamente nel cercare di riportare fiducia negli americani: con la Seconda Guerra Mondiale molti registi documentarono le vicende belliche cercando si spiegarne i motivi e divulgando tra il pubblico un’opinione favorevole all’intervento degli Stati Uniti nel conflitto. Per questi motivi propagandistici, nei film le imprese dei soldati americani venivano sempre mitizzate: capaci di gesti eroici in ogni istante, i soldati americani non mancavano mai un obiettivo e soprattutto non venivano mai mostrati, nei documentari dal fronte, feriti o morti. Ma il cinema non stava raccontando una storia vera.
Infine va ricordato la particolare moda che riguarda le sale cinematografiche in Inghilterra. Una catena di cinema chiamata Odeon realizza imponenti edifici in stile art-decò con capienze superiori ai duemila posti. Alla fine degli anni ’30 si contano 258 sale Odeon. Questi templi del cinema possono essere considerati i predecessori dei cinema multiplex, strutture enormi per richiamare l’attenzione del pubblico.
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Photo by dailymail.co.uk
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